Maria Grazia Carriero

Waiting

 

 

 

“Tutto ciò che è profondo ama la maschera”

(F. W. Nietzsche, Al di là del bene e del male)

 

 

Una maschera non è semplicemente finzione, una copertura superficiale che altera la percezione del reale; è soprattutto stratificazione di componenti storiche e socio-culturali che reca in sé significati profondi, ancestrali retaggi che affondano le radici in un passato remoto ma ancora oggi vivo.

Alla “maschera” Maria Grazia Carriero dedica la sua più recente indagine artistica, tradotta in lavori fotografici e installazioni con cui rilegge la tematica rielaborandone immagini, storia e tradizione che ha ritrovato nel folklore delle celebrazioni sacre lucane della festa di Sant’Antonio Abate e in quelle “profane” del Carnevale (tra le tante, quelle che si tengono nei paesi di Tricarico e di Satriano di Lucania), dove i festeggiamenti – differenti per dinamiche e motivazioni – hanno un elemento caratteristico in comune, la maschera appunto, percepita come l’indicatore di ciò che è racchiuso nelle profondità della psiche umana: “Ciò che sta in superficie, infatti, cela quello che sta in profondità, l’entità profonda ha bisogno di una maschera per nascondere alla luce la sua vera essenza, per poter poi manifestarsi al mondo visibile opportunamente filtrata. La vera essenza non è identificata con la maschera che appare, ma è con essa che si manifesta e che agisce nel mondo”.

Lungi dall’essere una semplice copertura del viso, la maschera è quindi l’esito di una pratica misterica che affonda le radici nelle antiche cerimonie sacre riservate agli iniziati, rituali primordiali e simbolici ampiamente diffusi nei piccoli centri lucani, soprattutto nella festività religiosa di Sant’Antonio e in quella laica carnevalesca. Celebrazioni che Maria Grazia Carriero ha studiato, approfondendo l’analisi degli aspetti più antichi, e che riscrive con il proprio stile e un personale approccio creativo mescolando religione, superstizione, “la terra, il fuoco e la combustione”, ma anche la pasta e la fotografia, elementi importanti nel suo percorso e peculiari di questa specifica produzione.

Il titolo della mostra, Waiting, si rifà a una condizione di sospensione, pausa, attesa fremente di un evento la cui ciclicità riprende quella della natura, del lavoro e della protezione del raccolto e della vita stessa. Oggigiorno, però, non si può parlare della stessa funzione rituale-magica e benaugurante del rito, poiché è cambiato il contesto storico, sociale, economico e politico; pertanto la maschera e il fragore dei campanacci che l’accompagnano mutano da pratiche apotropaiche di allontanamento del negativo in simbologie e, a livello sonoro, in soundscape, “paesaggio acustico” (Francesco Marano).

L’uomo, in qualunque epoca viva, sente la necessità di pause in cui l’eccezione diventi regola, in cui sia possibile liberarsi dalle proprie preoccupazioni e dalle incombenze quotidiane. Quanto più la pressione esterna sociale o politica aumenta, tanto più l’uomo cerca una valvola di sfogo per prendere respiro e scrollarsi di dosso le pressioni psicologiche, sfogando l’aggressività accumulata; accanto alla sua funzione d’intrattenimento e di svago, il Carnevale ha perciò in primo luogo – come lo definisce Bernhard Zimmermann – “un effetto d’igiene sociale”.

Nelle opere di Maria Grazia Carriero, che mirano a mettere in luce l’importanza di eventi legati alla tradizione lucana più autentica, agricola e arcaica, viene messa in evidenza la fusione tra l’affascinante spiritualità della religione e la credenza popolare, tra la devozione ai rituali e alla festa e lo scongiuro, esplicitato attraverso la risata “per allontanare gli spiriti maligni”. Sono queste fondamenta culturali che affondano nella storia della Basilicata e delle sue genti, e che vengono riproposte ora, autentiche anche se trasformate.

 

Nicola Zito